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Dimagrisce (a volte troppo) un malato di COVID19 su due. Ne parlo oggi sulla Gazzetta di Parma

in Nutrizione

Malnutrizione per difetto durante la pandemia: effetti a breve e a lungo termine sulla salute

Quando parliamo dell’impatto della pandemia su peso corporeo e stato nutrizionale, il primo pensiero che ci viene in mente è l’obesità associata alle abitudini alimentari alterate e all’aumento dei comportamenti sedentari del forzato habitat domestico. Sicuramente la malnutrizione in eccesso è l’effetto più intuitivo e percepito, ma non è l’unico; esiste un’altra faccia della pandemia, più silenziosa e spesso sottovalutata: la malnutrizione per difetto. Quest’ultima può essere causata direttamente dalla malattia covid19 e indirettamente da molte atre condizioni, inclusi certi disturbi del comportamento alimentare che peraltro hanno subito un’impennata durante l’emergenza sanitaria. Si tratta di un disturbo dello stato nutrizionale che si verifica quando l’organismo riceve nutrienti in quantità inadeguate rispetto ai propri fabbisogni. Così come l’obesità può funzionare da cassa di risonanza ed associarsi ad evoluzioni più gravi della malattia, anche la malnutrizione per difetto e l’indebolimento conseguente dell’intero organismo diventa una vera e propria “malattia nella malattia” responsabile di risvolti negativi per la salute sia a breve che a lungo termine.

Il campanello d’allarme è una perdita di peso maggiore al cinque per cento, che si verifica per lo più a carico della massa muscolare, un effetto tutt’altro che salutare se pensiamo che in genere è il valore soglia utilizzato per diagnosticare la cachessia tumorale. Sebbene il rischio sia alto dopo svariati giorni di terapia intensiva, il problema è diffuso anche per le forme lievi della malattia gestite da casa dove l’aspetto nutrizionale rimane secondario. Lo dimostra una ricerca scientifica italiana i cui dati evidenziano come il rischio di malnutrizione colpisca 1 paziente covid19 su due dopo la remissione clinica a prescindere dall’ospedalizzazione.

Diversi sono i meccanismi coinvolti: emozioni come la paura e la tristezza possono ridurre il desiderio di mangiare così come alterazioni del gusto, olfatto, inappetenza e disagi respiratori possono contribuire allo scorretto apporto nutrizionale. In particolare calano le calorie giornaliere assunte e le proteine alimentari vengono spesso rifiutate; è così che si instaura in poche settimane una malnutrizione per difetto di tipo proteico-calorica. Il conseguente deficit delle riserve energetiche e proteiche dell’organismo comporta una ridotta risposta immunitaria che potrebbe costare un decorso più grave della polmonite, tempi allungati di recupero e un accelerato deterioramento di massa muscolare scheletrica e forza. Una vera e propria “crisi catabolica” per i muscoli in disuso che, sotto gli effetti della tempesta di citochine infiammatorie evocate dall’infezione, potrebbe diventare catastrofica e non essere completamente recuperata una volta avvenuta la guarigione aumentando il rischio di disabilità nei pazienti più fragili.

Contrariamente alle aspettative, anche pazienti obesi sono suscettibili; in questo caso la malnutrizione si manifesta sotto forma di obesità sarcopenica, ovvero coesistenza di massa grassa in eccesso e deficit di massa muscolare. “Obesi fragili” è il termine utilizzato per descrivere muscoli insufficienti a spostare grandi masse corporee, rischio elevato di problematiche locomotorie e dunque di conquistare livelli più gravi di obesità nel tempo. L’obesità sarcopenica è una condizione subdola e spesso sottovalutata perché nell’immaginario di tutti il soggetto obeso appare come un soggetto che abbonda di sostanze e pertanto non a rischio di malnutrizione durante la malattia, un concetto errato. In realtà il soggetto obeso parte già da una malnutrizione, contemporaneamente per eccesso di calorie e per difetto di nutrienti, dovuta al consumo di cibi pieni di calorie “vuote” ma scarsamente nutritivi.

Alla luce di queste considerazioni, preoccupazioni riguardo una “terza ondata” della pandemia mi spingono a sottolineare l’importanza di valutare lo stato nutrizionale e supportarlo se necessario non solo nella prevenzione ma anche nella cura dei pazienti covid-19, specie se gestiti da casa dove la nutrizione è abbandonata alle scelte individuali, al fine di migliorare la prognosi a breve e a lungo termine.

La Gazzetta di Parma

Isabella Lelli | Nutrizionista Parma Siena Grosseto

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